Un settore in crescita ma ancora poco sviluppato (l’incidenza dell’idrogeno sul fatturato totale è stata pari in media al 6% nel 2021), unico nel panorama manifatturiero nazionale per la forte presenza di alleanze di tipo industriale, con tanti gap ancora da colmare e una forte propensione agli investimenti. E’ questo il quadro che emerge dall’indagine sul comparto idrogeno italiano, condotta nel mese di ottobre dall’Osservatorio nato nell’ambito del progetto INNOVAHY di H2IT, l’Associazione italiana idrogeno e celle a combustibile, in collaborazione con la Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo, e presentati in occasione di Key Energy la fiera dedicata alle energie rinnovabili, che si sta svolgendo a Rimini in concomitanza con Ecomondo.
I risultati
Dalla ricerca emerge che circa il 67% delle imprese intervistate prevede di chiudere il 2022 con un livello di investimenti in aumento sul 2021, e circa il 62% ritiene che a fine anno avrà un fatturato superiore sempre rispetto al 2021. Più del 70% delle imprese ha al suo interno un’area R&D dedicata esclusivamente all’idrogeno ed il 7% ha comunque intenzione di strutturarsi in tal senso. È ancora marginale, invece, il peso dei fondi pubblici, sia europei (13%) che nazionali e regionali (10%), utilizzati maggiormente dalle aziende più piccole che hanno un minore accesso al capitale privato (banche e fondi). Ma per supportare la crescita e dare impulso ai ricavi occorrono incentivi e interventi legislativi semplificativi. Inflazione e scenario geopolitico complesso, con la sempre maggiore necessità di diversificare le fonti energetiche, possono stimolare gli investimenti: per il 38% si stanno creando nuove opportunità di business. Ma sono tanti, ancora, i gap da colmare: è difficile reperire personale qualificato, serve un quadro normativo chiaro e bisogna spingere l’acceleratore sugli investimenti infrastrutturali e di supporto alla domanda.
“La sensibilità dei legislatori europei ed italiani e dell’opinione pubblica nei confronti dell’idrogeno non è mai stata così alta – ha dichiarato Alberto Dossi, Presidente di H2IT. “La crisi energetica sta spingendo i Paesi del Vecchio Continente, Italia compresa, a cercare alternative all’approvvigionamento classico, e si iniziano a vedere i primi risultati. La filiera, costituita sia da realtà affermate che giovani, è molto consapevole: nel nostro mercato si creano sempre nuove collaborazioni e alleanze finalizzate alla creazione di tecnologia e innovazione. Se sostenuto nella maniera adeguata, da qui al 2030 l’idrogeno darà un contributo fondamentale per decarbonizzare molti settori, come i trasporti e quelli hard-to-abate, sui quali si è concentrata la maggior parte dei fondi per l’idrogeno del PNRR. Per realizzare il sogno di un’Italia e un’Europa a emissioni zero, serve puntare anche su un vettore unico come l’idrogeno, specialmente su quello verde, prodotto da energie rinnovabili e sicuro protagonista del mix energetico del futuro”.
“In uno scenario altamente complesso e incerto, soprattutto sul versante energetico, è necessario accelerare sul piano della transizione energetica – hanno dichiarato Letizia Borgomeo e Anna Maria Moressa, economiste della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, che hanno curato l’analisi. “L’idrogeno avrà un ruolo importante in questo senso, e non a caso, quasi il 40% delle imprese intervistate segnala come nell’attuale contesto si stiano creando nuove opportunità di business, ampliando i propri investimenti. La presenza in Italia di una filiera completa e competitiva come quella che emerge da questa prima analisi è un punto di partenza importante: sarà cruciale nei prossimi anni affiancare gli investimenti delle imprese con adeguati interventi normativi e di policy che rendano più chiare le strategie nazionali di sviluppo del settore e, soprattutto, formino quelle figure professionali che le imprese stentano a trovare: oltre due terzi delle imprese dichiara di faticare a trovare tecnici specializzati. L’idrogeno, insieme a tutte le altre tecnologie necessarie alla decarbonizzazione e alla transizione energetica, può offrire significative opportunità di crescita al tessuto manifatturiero italiano; è importante esserne consapevoli ed agire di conseguenza come sistema paese per evitare di sprecare questa occasione”.