Dai ribelli Houthi un “lasciapassare” per le navi che trasportano petrolio?

Monitoraggio del Centro Giuseppe Bono sull’evoluzione della crisi nel Mar Rosso: gli attacchi stanno risparmiando le petroliere?

40

Secondo il monitoraggio che il Centro Giuseppe Bono – associazione di analisi e consulenza strategica sul mare con sede a Genova e intitolata al manager pubblico che ha guidato Fincantieri per vent’anni – sta svolgendo, i rischi derivanti dal blocco della quarta via marittima più trafficata al mondo si sono focalizzati sino a oggi sul flusso delle merci e in particolare dei container attraverso il Mar Rosso e quindi il Canale di Suez; quasi una prova generale che potrebbe all’improvviso coinvolgere anche il trasporto di energia in superficie ma anche nei pipelines e nelle infrastrutture sottomarine.

Una più attenta valutazione di quanto sta accadendo evidenzia sul fronte energia due elementi determinanti: se si eccettua il caso di una petroliera norvegese, il traffico di petrolio nel Mar Rosso sembra godere di una sorta di lasciapassare da parte degli Houthi. E molti analisti mediorientali pensano che ciò possa riflettere l’intenzione dell’Iran di evitare un’escalation del conflitto inevitabile se fosse colpito il traffico petrolifero (un quarto del traffico mondiale transita attraverso Bab el Mandeb). Non solo. Per il petrolio iraniano di alta qualità, il beneficio di un comunque inevitabile aumento delle quotazioni (non fosse altro per i premi assicurativi rischio guerra) sta rappresentando un vantaggio concreto specie per quanto riguarda l’export verso la Cina.

Non è un caso quindi, se il numero medio delle navi petroliere in transito nella zona a rischio missili e droni, è praticamente immutato rispetto alle medie del 2023, ma anche che le uniche navi cisterna dirottate sulla rotta della circumnavigazione dell’Africa siano tutte operate direttamente o indirettamente da interessi americani o israeliani.

Sempre secondo i risultati dell’analisi in corso svolta dal Centro Giuseppe Bono mentre il milione di barili di greggio in transito nell’area a rischio non dovrebbe subire eccessivo impatto dalle azioni dei ribelli Houthi, ben diverso sembra essere il crash sul traffico di gas, in particolare quello del Qatar ma anche sull’oleodotto transarabico sino al porto di Yanbu sul Mar Rosso. Traffico considerato da numerose “intelligence” ad alto rischio. E non è un caso che anche il gasdotto fra Egitto e Israele, abbia cessato di operare e quindi di garantire forniture all’Egitto già a poche ore dall’avvio dell’operazione Gaza. Idem per l’oleodotto fra Eilat sul Mar Rosso e Ashdod, sulla costa mediterranea di Israele. Oleodotto che (per ironia della storia) fu costruito da una joint venture israelo-iraniana prima dell’avvento al potere dell’Ayatollah Khomeini.

adv